E' coraggioso parlare con un accento?
La citazione di Amy Chua apre un discorso succosa: è un atto di coraggio parlare con un accento?
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“Sapete cos’è un accento straniero? È un segno di coraggio.” — Amy Chua
Secondo la mia opinione questa citazione di Amy Chua è molto vera ma è una cosa spesso dimenticata, anche a volte da me stessa. A scuola impariamo che le parole pronunciate male e gli errori grammaticali sono segni di ignoranza. La gente dice che è un peccato che gli immigranti non imparino bene la lingua del paese nuovo, che non si integrino abbastanza. Gli accenti stranieri vengono ridicolizzati in TV, diventando personaggi di per sé - basta che un attore imiti un accento e tutti capiscono la battuta.*
C’è tantissimo da dire sugli accenti stranieri: a qualche persona piacciono certi accenti ma non altri, certe persone li criticano di punto in bianco perché credono che la persona straniera non stia mettendo abbastanza sforzo nell’imparare la lingua, mentre per altri è un segno di orgoglio per le loro origini. Con il mio accento ho una specie di relazione di amore-odio perché da un lato è un segno di quanto ho imparato e da dove sono arrivata, ma dall’altro lato è un segno idi diversità, che non è di per sé una cosa brutta, ma a volte causa un senso di estraneità e isolamento.
Il mio accento è a volte forte: quando sono stanca trovo difficile tenere la bocca nella forma necessaria per riprodurre i suoni tipici dell’italiano. L’inglese americano è tutto parlato con la parte anteriore della bocca, mentre, per pronunciare bene l’italiano devo parlare con la parte centrale e la parte finale della bocca, cambiando il modo in cui tengo la lingua, come respiro. Ci vuole una tensione diversa, e cambia anche il timbro della mia voce. Lo so che quando apro la mia bocca, anche sforzando al massimo, non ci arrivo; diventa ovvio a chi mi ascolta che non sono italiana, e questo porta con sé certe aspettative da chi mi ascolta. In base ai loro preconcetti a volte non mi capiscono per via dell’accento, o qualcos'altro ancora. Ci sono giorni in cui non me ne importa niente dei pregiudizi che riconosco nell'espressione di uno sconosciuto quando inizio a parlare, ma altri giorni in cui mi dà un fastidio enorme, e non ho il 'coraggio', come dice Chua, di affrontarli.
Chiunque abbia mai studiato una lingua e poi è andato o andata a studiare, vivere o semplicemente visitare un altro paese e ha provato a parlare quella lingua ha dovuto affrontare questo scoglio, quello di provare anche quando sai benissimo che non conosci le parole giuste e che l’accento indica che sei straniero. E’ una battaglia trovare il coraggio per aprire la bocca, parlare per poi riformulare finché la comunicazione non avviene. Sapendo di sbagliare ma aprendo la bocca lo stesso per comunicare, a mia opinione, è sempre un atto di coraggio. In più, se il punto delle lingue è la comunicazione tra le persone, la cosa più importante è farsi capire, no? A volte si, gli errori bloccano la comprensione, ed è necessario riprovare, ma essere madrelingua non vuol dire non avere mai incomprensioni con gli altri o conoscere la pronuncia giusta e il significato di ogni singola parola nella tua lingua. Dovremmo imparare ad ascoltare con grazia e umiltà.
Questa citazione apre tantissimi argomenti interessanti e importanti: è coraggioso parlare un’altra lingua? Avere un accento vuol dire non conoscere bene una lingua? Quanto è indicativa l’abilità di parlare senza errori riguardo l’abilità di comprendere appieno una lingua? Sarebbe possibile per chiunque perdere l’accento se si impegnasse abbastanza? È necessario farlo? Forse, in un altro articolo del blog, affronteremo anche questi argomenti.
*Nota: vorrei specificare che non sto parlando specificamente dell’Italia o degli italiani, ma ovunque ci si trovi nel mondo. Ammetto di aver anch’io pensato e parlato criticamente di qualcuno che non parlava bene la mia lingua. E' una cosa che dovremmo tutti cercare di riconoscere in noi stessi e superare i nostri preconcetti e pregiudizi.


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